Nel Parco Nazionale dell’Aspromonte si è svolto un corso di qualificazione per il contrasto all’avvelenamento della fauna selvatica

Nei giorni 4 e 5 dicembre 2024 la sede del Parco Nazionale dell’Aspromonte situata a Gambarie, frazione del Comune di Santo Stefano in Aspromonte (RC), ha ospitato un corso di qualificazione sul fenomeno dell’avvelenamento della fauna selvatica organizzato nell’ambito del progetto LIFE MILVUS.
L’uso di bocconi avvelenati risulta una delle minacce più gravi per la fauna selvatica nel mondo. Mentre in molte realtà i mammiferi predatori rappresentano il bersaglio diretto dell’uso del veleno, i rapaci ne sono spesso le vittime collaterali. Sono soprattutto i rapaci necrofagi a subire le conseguenze più severe dello spargimento di esche e bocconi avvelenati perché possono ingerire direttamente i bocconi sparsi sul territorio ma anche cibarsi di animali morti per avvelenamento. Tra le specie molto vulnerabili a questa minaccia figura il nibbio reale, un rapace che si vuole reintrodurre nel Parco Nazionale dell’Aspromonte grazie al progetto LIFE MILVUS.
Il corso, organizzato dall’Ente Parco Nazionale dell’Aspromonte in collaborazione con il CUFA Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari Carabinieri, era rivolto principalmente al personale del Nucleo Carabinieri per il Parco, a personale veterinario di Aziende Sanitarie Locali della Calabria ed a professionisti che lavorano per il monitoraggio e la conservazione della fauna.
Ad aprire i lavori sono stati il Commissario Straordinario dell’Ente Parco Renato Carullo ed il Generale Giorgio Maria Borrelli, Comandante del Raggruppamento Carabinieri CITES. Hanno dato il benvenuto ai partecipanti anche il Tenente Colonnello Pietro Felice Marchetta, Comandante del Reparto Carabinieri Parco Nazionale dell’Aspromonte, e il Funzionario del Parco Sabrina Scalera ed il Vicesindaco di Santo Stefano in Aspromonte Diego Coppola.
Nell’ambito dell’evento sono state affrontate varie tematiche correlate all’avvelenamento della fauna selvatica, partendo dalle principali motivazioni che scatenano l’uso del veleno in Europa e dall’impatto che questa pratica determina sugli animali selvatici e, in particolare, sulle specie più sensibili ed il cui stato di conservazione risulta particolarmente critico.
Sono state presentate le misure che si possono adottare per prevenire e scoraggiare l’uso del veleno e quelle che permettono di mitigare l’impatto che i bocconi avvelenati determinano sugli animali selvatici.
È stata analizzata la normativa vigente, con particolare riferimento agli articoli del codice penale che puniscono l’uccisione dolosa della fauna mediante bocconi o esche killer ed alla specifica Ordinanza sul divieto dell’uso di bocconi avvelenati emanata dal Ministero della Salute nel 2008 e tutt’ora in vigore. Sono stati affrontati in maniera approfondita aspetti relativi alla gestione dei casi di avvelenamento dal punto di visita veterinario e delle tecniche investigative che si possono adottare per giungere all’individuazione dei responsabili. Tecniche moderne di polizia scientifica, inoltre, possono essere molto utili nei casi di avvelenamento e di altri crimini contro la fauna, bracconaggio in primis, che risulta un altro fenomeno purtroppo molto diffuso a livello italiano.
È stato ripetutamente sottolineato l’importante ruolo che il monitoraggio delle specie minacciate mediante dispositivi GPS riveste per rilevare prontamente casi di avvelenamento così come altri crimini ai danni della fauna selvatica ed incidenti determinati da altre cause antropiche.
Una sessione del corso è stata dedicata all’attività che viene svolta in Italia da 15 Unità Cinofile Antiveleno dei Carabinieri forestali. Queste Unità, gestite dal CUFA e dislocate in molte regioni, sono uno strumento estremamente efficace per rilevare la presenza di veleno, per effettuare bonifiche rapide ed efficaci di ampie superfici e per individuare elementi che possono risultare utili alle indagini. I conduttori dell’Unità Cinofila Antiveleno del Reparto Carabinieri Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga (Brigadiere Capo Alessandra Mango e Appuntato Scelto Andrea Corsi) hanno spiegato la metodologia con la quale lavorano ed hanno effettuato un’ispezione dimostrativa con l’ausilio di un cane specificatamente addestrato per la ricerca di bocconi avvelenati, carcasse ed altri elementi di interesse investigativo.
A chiusura del corso è stata allestita una simulazione di un caso di avvelenamento in un’area naturale che ha permesso di mostrare come ci si muove sulla scena del crimine per individuare tutti gli elementi di interesse e come si procede correttamente alla loro documentazione, repertazione e conservazione nonché alla interpretazione delle informazioni disponibili.
Docenti del corso sono stati esperti del Raggruppamento Carabinieri CITES del CUFA (il Capitano Emanuele Barbaro supportato dal Maresciallo Annalisa Brucoli e dal Vice Brigadiere Barbara Pasquini), il veterinario Rosario Fico, esperto di lungo corso in medicina forense veterinaria, e Anna Cenerini, naturalista e project manager del progetto LIFE MILVUS.
Guido Ceccolini, Presidente dell’Associazione CERM Centro Rapaci Minacciati, ha relazionato sulla biologia ed ecologia del nibbio reale mentre Luca Pelle, Responsabile Servizio Conservazione e Biodiversità del Parco, ha illustrato gli obiettivi e le attività in corso nell’ambito del progetto LIFE MILVUS.

I partecipanti al corso durante la sessione teorica.

Il Commissario dell’Ente Parco Nazionale dell’Aspromonte, Arch. Renato Carullo.

Il Comandante del Raggruppamento Carabinieri CITES, Gen. Giorgio Maria Borrelli.

Il Capitano Emanuela Barbaro, Raggruppamento Carabinieri CITES.

Il Dott. Veterinario Rosario Fico, presidente della Società Italiana di Scienze Forensi Veterinarie.

L’Unità Cinofila Antiveleno del Reparto Carabinieri Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.

I partecipanti al corso durante le attività sul campo.

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